Mattina difficile dopo la solata di ieri pomeriggio, non ho dormito bene, ma in genere non dormo bene in questo viaggio.
Stamattina alle sette mi sono svegliato con due problemi da risolvere: il primo era proteggere braccia e gambe ustionate, quindi ricerca di una Farmacia e abbondante spalmatura di crema antiscottature specifica, oggi si viaggia con pantaloni lunghi a camicia con maniche abbassate. Fatto !
Il secondo problema era trovare il mezzo che mi portasse fino al bivio con la strada poderale che a sua volta mi avrebbe ricongiunto col cammino, il tragitto individuato questa notte.
Non si riesce a trovare un autobus in questo paese, né indicazioni, o informazioni in merito, ho tentato anche con l’applicazione Bolt ma dopo aver fatto tutti i passaggi corretti non dava alcun mezzo disponibile in quel giorno per quella tratta (e ti credo). Per fortuna ci sono i taxi, i benedetti taxi ed il buon tassista Djogo per 12 euro ben spesi mi ha fatto risparmiare 10 chilometri di una strada incasinata piena di traffico in una giornata di sole caldissimo, goduti invece nel fresco dell’aria condizionata della macchina, e mi ha scaricato a destinazione in pochi minuti. Fatta anche questa.
Oggi tre tracce gps per tre percorsi distinti.
La prima traccia va da Cartaxo al bivio Estrada do Peso, quei 10 bei chilometrucci fatti sul taxi, la seconda a piedi dalla strada poderale di connessione al Caminho nei pressi della pista di aviazione leggera e da qui fino alla città di Santarem, sono poco più di 6 chilometri.
Infine terza traccia da Santarem a Azoja de Baixo dopo poco più di 9 chilometri.
Molti chilometri su strade provinciali con asfalto e il traffico del lunedì, brutta tappa con saliscendi, “mangiaebevi” direbbe il mio amico Andrea, e la salita di Santarem che mi ha provato fisicamente (a me basta poco).
Nella bella città di Santarem il Caminho di Fatima prende la propria strada allontanandosi malinconicamente da quello per Santiago. Nella rotatoria principale si passa fra quegli alberi e la palazzina bianca della foto qui sotto. In giro si vede qualcuno acconciato come un pellegrino, ma vanno tutti inesorabilmente verso destra, verso la lontana Santiago e ho la certezza che anche quei rarissimi incontri avuti fino ad oggi per strada saranno un ricordo. Da ora in poi sarò veramente solo sul Caminho, sembra che nessuno vada a Fatima a piedi.
Dopo il cavalcavia sull’autostrada il paesaggio si fa più bello, superato il cippo dei 50 chilometri a Fatima Il percorso è ben segnalato e mi gusto il panorama senza timore di perdere la rotta.
Arrivo a Azoja molto presto, poco dopo le 15 come un vero pellegrino, ma il fatto è che oggi ho percorso non molti chilometri, poco più di 15 a piedi, ed il ritmo è diventato costante. Mi sono organizzato per bere spesso: viaggio direttamente con una bottiglia d’acqua in mano che consumo a piccoli sorsi frequenti. In effetti sento che il corpo è più idratato e si viaggia meglio.
Ormai prendo con regolarità due Tachipirine al giorno, integratori al Magnesio, Taurina e Glucosamina e bustina di Oki quando serve per il doloretto ai piedi, insomma sono strafatto, ma vado come un diesel.
Arrivato a Azoja resto un poco sconcertato. La storia di questo fine tappa è questa:
Azoja de Baixo è un piccolissimo paese sul Caminho e l‘unico fra Santarem e Fatima con un posto dove dormire: un ostello. Questo lo sapevo già prima di partire, mesi fa, e sapevo che dormire in una camerata di 40 letti non mi sarebbe piaciuto, ci sarebbe anche nella stessa struttura un appartamento grande dal costo di 110 euro ma mi pareva, e sarebbe stato, un vero spreco di denaro.
Così ho fissato per tempo un letto in dormitorio alla modica cifra di 28 euro con molta riluttanza. Su mie richieste costanti mi hanno rassicurato già un paio di volte che sarei stato il solo ospite dell’ostello e questa magnifica notizia me la confermano anche adesso che sono davanti al portone, con una e.mail asettica con la quale mi dicono appunto che sarò solo, quali sono codici per entrare e come chiudere l’uscio alla partenza. Tutto per e.mail senza vedere nessuno perché in effetti …..non c’è nessuno ! Non c’è anima viva nell’ostello (benissimo) e non c’è anima viva in paese (malissimo). Paese fantasma. Ho girato in lungo e in largo per i vicoli di Azoja e sono rimasto basito: non c’è manco un cane, o quasi, un vecchierello mi dice che l’unica trattoria è “fechada la segunda feira” ovvero chiuso il lunedì, e oggi è appunto lunedì. Non esistono bar né alimentari, spacci, bazar, chioschi o bancarelle.
Tenendo conto che in tutto il giorno ho mangiato solamente una banana e due arance mi si prospetta una giornata di digiuno. Mi prende l’ansia da fame, devo fare qualcosa.
Ma intanto esploriamo il temutissimo ostello.
La struttura è bianca, grande, esageratamente vuota e quindi deduco che posso fare come mi pare. Così la giro tutta: dormitorio, cucina e refettorio, magazzino, lavanderia, locali dello staff e anche gli appartamenti che sono due e sono aperti, uno ha ancora i letti disfatti ma anche una comoda poltrona sulla quale mi svacco a riposare. La camerata ha una quarantina di letti a castelli di tre, tutti disfatti ad eccezione del primo in basso appena all’ingresso, deduco che sia il mio posto. Le docce sono sporche e nel water non si può gettare la carta igienica che va depositata in un cestino a parte, quindi avremo un cestino pieno di merda nel bagno vicino a dove dormirò. Ottimo ! Penso che mi converrebbe andare a cacare in uno degli appartamenti ma mentre sto elaborando la cosa compare un tizio dal nulla, un inserviente non parlante, che chiude a chiave gli appartamenti e gli altri locali, raccoglie un po’ di immondizia sparsa, ma solo un po’, e se ne torna nel nulla. Riesco solo tramite gesti inequivocabili a farmi dare la carta igienica che vedevo pericolosamente scarsa.
Comunque me la godo da solo, questa qui sotto è la foto della camerata: il mio letto sta subito dopo la porta di sinistra, i bagni sono accanto. I maschi sono opportunamente divisi dalle femmine perché i primi entrano dalla porta di sinistra e le altre da quelle di destra. Fa niente se lo stanzone all’interno è tutt’uno.
Rimesso in sesto con doccia riparto alla ricerca di cibo. Gira di sopra e gira di sotto nelle stradine del minuscolo paese trovo sottostrada un locale buio, una specie di baretto: “Traz do Jogo – Vinhos e petiscos” recita la piccola insegna rustica. Il locale è buio, vuoto e povero. Dal nulla compare una signora di una certa età vestita di nero che sarebbe la barista che abita al piano di sopra e scende in bottega quando vede arrivare qualcuno e a quest’ora di pomeriggio evidentemente non aspetta nessuno.
Non è cordiale e neanche ciarliera. Prendo una birra per farmela amica e a questo punto parte una pantomima, una piccola recita che io interpreto in porto-iberico-anglo-italiano e lei risponde solo con i cenni della testa: no, no e no.
Io chiedo se si può mangiare questa sera in questo localino accogliente? Risponde scuotendo la testa: “No !”
Si può avere qualcosa di petiscos ? tipo panino, frittatina, hamburger, baccalà alla livornese, tonno in scatola ? Lei risponde scuotendo il capoccione: “No !”
Ma è proprio sicura ? vede, io sono un pellegrino pedestre, pedante, pedissequo, non ho niente con me, solo lo zaino che ho a casa anzi nell’ostello del vostro ridente villaggio e….. Lei risponde: “ Nein !“
Ma posso pagare sa, non sono ricco ma ho i miei bei euro da spendere, vede ho appena ordinato una birra e l’ho subito pagata, in contanti. Lei irremovibile: “Niet !”
Signora, maledetta puttana (questo l’ho solo pensato), ma non ha un cazzo in questa bottega ? Lei allarga le braccia.
Basterebbe un po’ di pane …… Ella fa cenno accondiscendente, che vuol dire “si potrebbe fare, se proprio insiste…”
E un poco di formaggio ? aggiungo io incontentabile. E lei miracolosamente muove la capoccia su e giu. Evviva, pane e formaggio si può fare.
E magari un pochino di prosciutto, jambon, presunto, mortadella o come si dice insisto io ? e lei scuote di nuovo la testolina: “Noneeee ! , solo pane e formaggio “
Grazie signora, tegame malefico, verrò alle otto mia salvatrice, donna della provvidenza, baldracca, ti amo alla predizione, va bene ? “Si !” fa lei, va bene.
Fine del primo atto.
In attesa del secondo atto, che sarebbe la cena alle otto, ho immaginato che in un paesino di cento abitanti a esagerare, sperduto tra le colline portoghesi se capita un pellegrino straniero a piedi che si reca a Fatima per devozione si dovrebbe fare festa e l’ostessa quando dice pane e formaggio intenda come minimo una coppia di pane appositamente cotto nel forno di casa e una moltitudine di formaggi spremuti dalle pecore locali ai quali magari si aggiungano due pomodori, un cetriolo e insalata a volontà e magari due ova sode che non guastano mai.
Così alle otto spaccate parto per il secondo atto e mi reco pieno di aspettative e di fame al Traz do Jogo dove sostano nel buio tre avventori abbrutiti dalla fatica che bevono birra e vino in silenzio e la signora, sempre in silenzio, mi presenta numero uno miserrimo panino e tre o quattro sottilette !
Tutto qui ! Ho provato a chiedere il bis ma non c’è stato niente da fare. E ho pure pagato 8 euro.
In sintesi questa è la differenza fra il cammino di Santiago e quello di Fatima. Fanculo a questo paese di merda.
In camerata la porta a vetri dista due metri dal mio letto e mi inonderà di luce all’alba perciò sarà meglio andare a dormire presto. Non c’è campo per il telefono, quindi non c’è internet per avere una distrazione, mi infilo nel letto appena fatto buio dopo essermi cosparso di unguenti atti alla sopravvivenza e tutto sommato ho ancora buone sensazioni, sarà la fame ?