Radionotes from NYC: The Bus Blues – il blues del bus

La  MTA Metropolitan Transportation Authority è la società che gestisce le linee della subway e dei bus della citta di New York. E’ la più grande azienda di trasporto del Nord America, serve una popolazione di  14.9 milioni di abitanti su un ‘area di   5.000 miglia quadrate dalla città di  New York attraverso Long Island, fino ai confini dello stato ed al Connecticut.
I bravi turisti usano il bus in alternativa o in combinazione con la metropolitana.
L’esperienza dei bus è traumatica, qualcosa che trascende le nostre abitudini levantine. Oh Yes

Prima cosa: gli autisti sono di una gentilezza estrema !

Seconda cosa: gli utenti sono generalmente di una gentilezza estrema. I più giovani cedono il posto ai più vecchi, gli uomini alle donne, le donne più giovani alle più anziane, le più anziane a quelle incinta, tutti ai bambini, comunque si cede il posto a chi è messo peggio fisicamente, a prescindere. Mi sono trovato un paio di volte a fare la parte del più giovane o del più sano con persone sicuramente più giovani o più sane di me, eccitante e gratificante.
Si innesca un processo emulativo virtuoso per cui si finisce col fare a gara a chi è più gentile: e tutto un alzarsi per cedere il posto, vince chi resta in piedi vuol dire che  è più atletico e cortese, e please di qui, e  please di là, e thanks di sopra e thank you di sotto,  da noi vince chi occupa la sedia …. perché è più furbo.

Terza cosa: i portatori di handicap hanno sistemi, tempi e postazioni per salire e scendere con tutta calma e tutto il rispetto dovuto

Quarta cosa: nessuno protesta se la terza cosa rallenta la corsa

Quinta cosa: il bus spesso si ferma e vi salire anche se non siete propriamente al punto esatto della fermata o se lo state disperatamente rincorrendo , in particolare la sera carica anche lungo la strada

Sesta cosa: i mezzi sono numerosi, puliti e puntuali malgrado il traffico

Settima cosa: pagano tutti !
Ho lasciato per ultimo questo dettaglio perché è il più stupefacente.
Considerato che in una qualunque delle nostre città  la stragrande maggioranza dei passeggeri sale sul bus e non timbra il biglietto, qualcuno avrà pure un abbonamento ma la maggior parte fa il furbo, ci si immagina che  in una città grande come New York il fatto sia moltiplicato alla ennesima potenza e chiunque  si ritenga autorizzato a fare ciò che gli pare, una specie di far west del bus. Non è così.
Il funzionamento è arcinoto e semplice: si entra solo dalla portiera anteriore, a fianco del guidatore, qui sta la macchinetta obliteratrice come si chiama che accetta unicamente la metrocard o gli spiccioli esatti, l’autista chiude le portiera e parte solo quando tutti, ma proprio tutti hanno pagato, altrimenti semplicemente non si muove. Facile, no ?
Il bello è che nessuno degli altri passeggeri strepita se l’operazione è lunga, il bello è che nessuno degli altri passeggeri scalpita se il bus non parte
E’ un  filtro efficace ed essenziale, inimmaginabile dalle nostre parti.

I Sightseeing bus sono i pulman turistici a due piani con quello superiore scoperto presenti da anni anche nelle nostre città. Non c’entrano nulla con la MTA, sono generalmente rossi e offrono interessanti tour nei luoghi migliori con una ottima vista dal secondo piano.
Niente di nuovo, ma fa un certo non so che in queste giornate invernali di freddo polare intravedere qualche sparuto indomito avventuroso seduto lassù in cima allo scoperto, mi spingono a  cacciarmi subito in un bar a farmi una cioccolata calda.

Ultima annotazione legata al bus è la Metro card.
La Metrocard è il sistema di biglietto/abbonamento valido per subway e bus urbani, ha vari costi a seconda della validità. E’ uno strumento essenziale per il turista consente la massima libertà di movimento con costi accessibili.
Con 29 dollari si gira una settimana su qualsiasi mezzo urbano, tanta roba e poi un giro su uno dei bus che percorrono tutta Manhattan da nord a sud e viceversa in una giornata fredda e piovosa e molto meglio che andare al cinema.

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Radionotes from NYC: So close … so far – Così vicino….. così lontano

380 Mountain RdUnion City, NJ 07087, è l’indirizzo delle Troy Towers, le torri di troia per dirla in italiano, un palazzone di 22 piani edificato nel 1966, convertito in cooperativa nel 1983.

Sono  stato a vedere le Troy Towers, ci ho provato almeno, perdendomi tra le linee dei New Jersey Transit  Bus tra Hoboken e Boulevard East. Ci sono stato in un giorno di pioggia fredda. Una giornata decisamente diversa.
E per quale motivo un turista da strapazzo come me dovrebbe sprecare uno dei pochi giorni di vacanza per prendere un pulman ed andare dall’altra parte del fiume a vedere un palazzo anonimo o una strada come mille altre ?
La colpa è dei lunghi pomeriggi autunnali, in casa da solo davanti al computer e alle magie di internet. Piano piano lentamente  era cresciuta in me  una strana pazza idea, ah benedetto internet che dischiudi gli orizzonti del mondo, ero curioso di vedere il posto, la location, come si dice qui. Ci sono diversi appartamenti in vendita alle Torri, a buon prezzo in dollari, a maggior ragione a buon prezzo in euro, dai bilocali in su per tutte le tasche. E perchè non provarci ? Pazza idea ho detto !

Le torri offrono tutto quello che l’inventiva e le necessità americane richiedono a un grattacielo: lavanderie, parcheggi, piscine, saune, portineria, vigilanza, garage centri benessere e soprattutto un surplus di panorama …..a spectacular views.
Eh si ! le torri si affacciano sul fiume Hudson da una considerevole altezza abbracciando tutta la costa di Manhattan, dal ponte George Washington su a   nord,  giù giù fino in fondo, oltre Chelsea verso Battery Park e la statua della Libertà
La vista è semplicemente spettacolare. Unica. Fantastica.

Cavolo comperare qui potrebbe esser un’idea rivoluzionaria  e furba, proprio da noi furbetti provinciali. Ricerca spasmodica su internet da casa a lavorare di fantasia fantasmagorica. Trovato tra tanti  un bilocale moderno con fiammante parquet trasversale, luci soffuse, angolo cottura e arredamento minimalista chic, terrazza chiusa  e 28 metri quadri di grandi vetrate, di luce su un panorama mozzafiato, da terra a soffitto sembrava quasi di toccare i grattacieli dallo schermo del mio Acer. Questa casa è la mia! Dovevo vedere coi miei occhi, dovevo sapere.

E così venni e vidi e non vici….
Non vinsi niente perché niente c’era da vincere alle Troy, che sennò tutti ci andrebbero.
Le Troy da vicino, e neppure tanto vicino, sono un pochino consunte, scrosticciate, la location e un suburbio trafficato da periferia e per il centro bisogna passare dal tunnel che costa una cifra ed è congestionato a tutte le ore e la coda si forma  proprio vicino sotto casa e siamo in New Jersey, qui non ci sono turisti,  un altro stato, un altro mondo.

Dai moli di Manhattan le Troy Towers si stagliano vicine sovrastando la basse costruzioni costiere del New Jersey ammiccano “siamo qui, basta un salto, basta passare il fiume …. vieni”  richiamano come sirene.
Dall’altro lato dell’acqua e del mondo, dalle Torri,  la mela  e lì a portata di sguardo vicina molto più vicina rispetto a tanti quartieri della stessa Manhattan … ma non è la stessa cosa.

Mannaggia questa è la mela del paradiso terrestre: da guardare  e desiderare e non poter  toccare. Ma io la mela me la voglio godere,  la voglio assaporare, la voglio vivere, io la mela la voglio mangiare.
Per questo le Troy non mi piacciono più,  dentro il paradiso ci voglio stare, non voglio vederlo in cartolina.

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Radionotes from NYC: Hurry … Hurry – fretta….fretta

Bisogna andare di fretta qui
Assioma: lo yankee va di fretta, sempre, anche se non c’è bisogno, il turista va tranquillo sempre, anche quando rischia di perdere la metropolitana.

Succede così che in un affollato sottopasso della subway mi scontro per due volte in pochi metri con una piccola vivace signora anziana, probabilmente è colpa mia perché tendo a passeggiare anche nei sotterranei delle stazioni e non è detto che vada dritto sparato verso le scale mobili. Il mio incedere è leggermente trasversale, non proprio a zig zag ma certamente non traccia una linea retta fra punto di partenza e quello di arrivo, insomma è un cazzeggio di camminata tipica di chi non ha appuntamenti e si attarda volentieri a guardare i particolari dei sottopassi alla ricerca curiosa degli artisti da subway.  “Yo’re not american  ?” mi fa cortesemente lei. Eppure ero vestito tale e quale come un indigeno ! era il passo a identificarmi come un corpo estraneo

Le vestimenta invernali  tipiche di un indigeno nella grande città di New York:
giacca a vento North Face, diffusissima, berretto di lana calato sugli occhi,  scarpe da pioggia, niente ombrello e sguardo basso,  fisso sul cellulare diteggiando freneticamente sui tasti.
Il cellulare touch screen sta sostituendo i classico libro da subway. Tutti ma dico tutti armeggiano ascoltano leggono scrivono sui telefonino nei momenti di pausa tra una camminata veloce e l’altra, che  sia bus o metropolitana o fila di attesa, tutti. Anche io naturalmente, ma con i problemi di linea non risolti col mio gestore mi trovo a leggere solo la rubrica degli indirizzi che peraltro conosco a memoria! beh insomma si fa per darsi un tono.
L’Iphone qui lo comprano ai bambini dell’asilo al posto dell’aquilone, proprio come un regalino simbolico della infanzia, del resto si tratta di un prodotto tipicamente americano. I
Che devo dire ? qui c’è fretta per principio: c’è fretta nella fila per fare la Metrocard, devi aver deciso prima cosa ti serve non puoi chiedere informazioni se non sei padrone della lingua stretta e hai ben chiaro cosa vuoi,  c’è fretta nel salire e scendere dal vagone della metro, educati ma determinati, senza spinte ma con una pressione costante avanti/dietro, c’è fretta nel fare le ordinazioni al ristorante, non ti danno il tempo di capire il contenuto di quel panino assurdamente rigonfio, non c’è la possibilità di farsi consigliare, di chiacchierare un pochino col cameriere “lei cosa prenderebbe al posto mio sa sono un po’ nostalgico della cucina italiana ma vorrei assaggiare qualcoa di tipicamente americano, cosa mi consiglia ?” scordiamocelo. Il piatto così è spesso una sorpresa “guarda che voleva dire quella cosa lì …. Uh, ma sarà commestibile ?” C’è fretta nel passeggio per strada. Anche i semafori segnalano i secondi ancora a disposizione per i pedoni per ottimizzare i tempi: tra venti, diciannove diciotto secondi le auto partiranno  a razzo e se sei ancora sulle strisce sono cavoli amari, forza puoi farcela mancano otto secondi, dai !I

Insomma è un concetto diverso, la città non si ferma, non rallenta solo perchè ci siamo noi, ha un ritmo proprio ed è un ritmo vibrante, come il rimbombo che sale attraverso le grate che si aprono sotto i piedi sulle linee oscure della metro e rimandano cupi brontolii di treni in corsa e fumo e sbuffi di calore.
Mi trovo un po’ a disagio, non ho questi ritmi, sono un provinciale della piccola provincia italiana e per di più, fortunatamente, non ho orari, per cui tendo a bighellonare più che andare nei posti. Decisamente tra questa folla in movimento sono un elemento di disturbo, un ostacolo deambulante, un intralcio inutile.

Eppure mi piace questa frenesia, è così diversa da me, mi sento come se mi facessi trasportare dalla corrente: loro vanno spediti per la loro meta, avranno pure una meta, penso,  io galleggio ondeggiando come un galleggiante tra le onde, con ritmo diverso, asincrono rispetto agli altri, ma vado, mi muovo comunque. Una specie di trasporto pubblico gratuito, la folla che ti guida portandoti con se, dove si va non lo so, ma si va  dove va la corrente più forte degli altri, tanto dovunque si vada qui a New York, a me piace sempre

clic ed ascolta la mia voce ,,,,,, e sopratutto la musica

 

Radionotes from NYC: Starbucks Stardust – Starbucks e la polvere di stelle

La Starbucks fondata a Seattle nel 1971, è una catena internazionale di caffetterie  che offre ai propri clienti una ottima varietà di caffè, cappuccini e pasticceria. Il nome Starbuck deriva da Moby Dick, era il nome del primo ufficiale del “Pequod”,  il logo è una sirena  a due code stilizzata, i colori sono  bianco e verde.

Negli Stati Uniti è considerato luogo di ritrovo per giovani, qui a New York è l’approdo sicuro per gli appassionati di internet, i freddolosi, i disorientati e i deboli di vescica.

Mi spiego: Innanzitutto è uno dei pochi luoghi dove la rete wireless consente il  collegamento internet gratuito a cellulari e notebook,
Bisogna sfatare il mito  che in America la rete wi-fi sia onnipresente  e gratuita, non è vero, funziona come in Italia, le migliaia di reti presenti in città sono protette salvo alcuni luoghi istituzionali, qualche piazza e, appunto, tutti gli Starbucks.
Dentro questi locali stazionano quindi gruppi  di giovani e meno giovani intenti a navigare e chattare al modico costo di un cappuccino, che tanto modico poi non è in se per se, se non in relazione ai servizi aggiunti, si vai dai tre dollari in su.

Altro servizio aggiuntivo che gli Starbucks offrono in inverno è la temperatura ambiente che consente di riparare le estremità dal freddo pungente della metropoli, il personale è giovane e disponibile, non rompono le balle se con un caffè ce ne stiamo seduti per ore, stanno dalla nostra parte.

Questa catena funziona bene anche come luogo di appuntamento, punto di appoggio, ovvero come non perdersi nella grande città andando da uno di questi Starbucks all’altro.
E poi quando hai finalmente capito come è fatto un “cinnamon dolce latte” e l’hai pure imparato a pronunciare ti ci attacchi indissolubilmente   e te lo puoi ordinare in ogni posto, è sempre quello, fa parte delle piccole certezze della vita quotidiana.

E vogliamo parlare dei bagni ? sembra che in città non esista l’obbligo dei servizi igienici nei locali pubblici, quindi se si ha un bisogno urgente di tipo collettivo familiar-turistico e pensiamo di entrare in un bar qualunque e al costo di un caffè lungo o di una coca andare in bagno in cinque a intasare il water siamo sulla cattiva strada. Moltissimi locali non dispongono di bagno, o fanno finta di non disporne, è quindi sempre bene chiedere se è presente prima di ordinare, altrimenti grazie lo stesso.
Gli Starbucks invece hanno i restroom e sono a disposizione. Grandiosa sicurezza quando si è fuori per strada dalla mattina alla sera. A proposito restroom è una delle parole fondamentali da imparare, non usare dizioni tipo wc, toilet, water, salle de bain o ritirata, non capirebbero.

Sono tante le catene di caffetterie a New York, magari più buone o più raffinate ma gli Starbucks hanno questa poliedricità di funzioni, questa capacità di attrazione, questa popolarità universale che gli altri non hanno.

Appendice degli Starbucks è portarsi il caffè bollente per strada e sorseggiarlo lentamente camminando veloce, attenzione perché si tratta di due movimenti a sincronismo opposto. D’inverno è utilissimo per tenere la mano al caldo e poi fa tanto status symbol portarsi il bicchierone di cartone, è un must di New York,  l’ho fatto anch’io naturalmente, ci mancherebbe anche a costo di fare casino fra tracolla, ombrello, macchina fotografica e guanti.
Insomma un approdo, un riferimento, una stazione di posta, un faro nella notte.
Per fortuna New York è piena di Starbucks, oltre duecentocinquanta, piazzati in tutti i punti strategici, quindi anche per noi turisti è facile darsi un appuntamento ed ordinare con noncuranza un Caramel frapuccino fingendo di essere  Tom Hanks e Meg Ryan in  You’ve Got Mail – C’è posta per te. E a proposito di polvere di stelle, prossimamente avremo anche un film  diretto da Gus Van Sant: How Starbucks Saved My Life – Come Starbucks mi salvò la vita.
Beh, io non sono ancora a questo punto.

di seguito la versione originale: audio, rumori e musica