Tre umarell… – 18° El septimo dia: da Padron a O Milladoiro

La prima cosa da verificare al mattino successivo erano le condizioni della gamba del camminatore indefesso: accertato che non aveva più dolore e che quindi non trattavasi di flebite ma di falso allarme il ballerino fece su i suoi bagagli e disse “io vo !”

La situazione si era talmente evoluta che il vecchio forestale anziché brontolare rispose semplicemente “Buen camino”, e tutti vissero felici e contenti.

Il percorso previsto per quella giornata non era particolarmente  significativo perché era solo una tappa di avvicinamento alla meta, l’idea era  quella di arrivare vicini  a Santiago per poter entrare in città trionfalmente il giorno successivo 2 di ottobre quando ricorreva il compleanno del forestale in pensione.

Anche le minime tensioni tra gli umarelli erano scomparse e quindi fu un cammino in tutta tranquillità punteggiato da un poco di pioggia e da salite taglia gambe che fecero numerose vittime fra i pellegrini più attempati.

Lasciata Padron si aprì un bel percorso sotto un cielo nuvoloso, c’erano molti più pellegrini dei giorni precedenti, si vedeva che stavano avvicinandosi alla meta o forse alcuni  percorrevano solo gli ultimi chilometri perché c’era fitto di gente che camminava. C’erano anche comitive di anziani vestiti con impermeabilini corti gialli tutti uguali e con cappellini similari. Erano gite organizzate di pellegrini che facevano un percorso misto piedi-pulman molto interessante. Queste gite scaricavano i pellegrini all’inizio di un sentiero e li riprendevano un po’ di chilometri dopo per fare un  tratto in autobus  e poi daccapo scaricarli e risalirli e cosi via. Era una comoda barca di appoggio molto utile e rinfrancante e questi anzianotti provenienti da Barcellona o da Valencia quando avevano il tragitto a piedi erano scattanti e ridanciani, sembravano caricati a molla e sorpassavano i nostri umarelli gravati dal fardello sulle spalle,  loro belli leggeri senza nulla, al massimo un bastoncino di frassino, e dicevano “Buen camino” oppure  “Ola, buenos dias. Nosotros venimos da Barcelona” e i nostri rispondevano “Bella Barcellona e noialtris venimos da Firenzes, forza Messi !” perché oramai avevano imparato la lingua alla perfezione.

Gli organizzatori della gita poi gestivano le credenziali dei gitanti, le custodivano e andavano a farsele timbrare in blocco nelle chiese o negli ostelli per conto di tutti rovesciando  cinquanta o sessanta documenti sul bancone.

Veniva un dubbio su questi pellegrini a metà: se fosse legittimo o meno certificare il loro cammino in buona parte fatto comodamente in pulman, ma poi i nostri umarelli che erano comprensivi per natura, essendo stati allevati democraticamente nella batteria della casa del popolo, pensavano che la fede, che si trattasse di  San Giacomo o di Lenin, non ha bisogno di riconoscimenti o timbri (sellos) o compostele (compostele) per essere sincera e quindi la documentazione era qualcosa in più e forse di troppo e si andava perdendo o si era già perso il significato di quel viaggio di cristianità.

In effetti la faccenda con il tempo assomigliava sempre di più a un trekking organizzato, a una sfida di resistenza con se stessi e con gli altri, a un cimelio da esibire al ritorno  a casa  e sempre meno a un percorso religioso.

“Ma chi sono io per giudicare gli altri ?“ diceva uno degli omarelli  citando il Vangelo e Papa Francesco dando il via a una classica discussione umarellesca.

A me questo Papa piace perché è genuino “ diceva uno  “ “Vero, e poi si chiama Francesco” rispondeva un altro “A me non piace la chiesa perché sono ricchi sfondati e farebbero meglio a pigliarsi un po’ di marocchini anche loro” rispondeva  il terzo  mischiando un po’ di luoghi comuni e di percorsi religiosi interiori complessi.

“Per me la preghiera è guardare la natura“  diceva il camminatore flebitico “Facile lui ! e allora io prego a guardare la Juve” rispose un altro ”specie in cempions” gli ribattevano. “Troppo facile ! e se si dicesse un bel rosario nel frattempo ?  che vi farebbe altro che bene” riprendeva il ballerino che aveva la patente di cattolico osservante perché andava a messa tutte le domeniche. “Il rosario non l’ho mai sopportato fin da piccino quando lo dicevano a casa mia  e io dovevo star li ad ascoltare” .

“Ma allora è troppo facile, si fa come cazzo ci pare e poi quando si ha bisogno si dice madonnina, madonnina mia” diceva il ballerino “Facile una sega ! – ribatteva il camminatore irritato  – “ intanto Sant’Antonino pio non mi ha fatto ritrovare il portafogli, guarda un po’ ! “e di fronte a questi ragionamenti non c’era più discussione. Bisognava tenersi ognuno la propria gradazione di fede e sperare che fosse quella giusta.

A un certo punto il sentiero costeggiava la ferrovia e faceva venire in mente  i ragazzi di “Stand by me”, il film,  perche anche loro erano un manipolo di ragazzi un tantinello cresciuti  legati da amicizia e passione che andavano a scoprire  cosa c’era al di la delle loro comode consuetudini.

Ci furono da fare anche alcuni attraversamenti di strade pericolose e trafficate, in effetti questa parte si intrecciava un po’ troppo con la statale. Peccato perché il paesaggio era bello. Poi il  cammino si infilò in una serie di stretti vicoli di paesetti e borgate caratteristiche, si vede che chi aveva tracciato il percorso  voleva far rivivere quei borghi un po’ dimenticati, fu molto bello passare fra le viuzze dove  c’erano molti  dei caratteristici granai galleghi. E qui merita una piccola divagazione culturale :

“Si chiamano  hórreo che in galiziano significa granaio e la parola deriva dal latino “horreum”. È una caratteristica costruzione antica in pietra a forma di capanna, poggiata su pilastri anch’essi in pietra  rialzata rispetto al livello del campo e decorata con croci e altre sculture che le fanno confondere per cripte sepolcrali come credevano anche i nostri umarelli. Si tratta invece di semplici granai o di depositi di attrezzi per i pescatori. È praticamente certo che queste strutture abbiano le loro origini in un passato molto lontano, un tempo che risale ad ancora prima dell’arrivo dei romani e di altri conquistatori. Sono state trovate fonti contenenti descrizioni di hórreos che risalgono a diversi secoli prima di Cristo, ma è probabile che essi siano antecedenti agli stessi scritti. Sebbene vengano identificati con la regione della Galizia e con altre parti del nord della Spagna e del Portogallo, antichi capanni rialzati somiglianti agli hórreos sono stati trovati in altre parti d’Europa lontane tra loro come Inghilterra, Norvegia, Svizzera, i Balcani, indicando quindi che questo degli hórreos non è un fenomeno isolato.

Mentre alcuni hórreos sono fatti in legno quelli più tipici sono in pietra. Eretti su pilastri per evitare l’entrata di roditori, e aventi pareti con fessure che consentono la ventilazione

Fine della divagazione storico-culturale.

A Escravitude il ballerino che giocava d’anticipo visitò la cattedrale e si fece apporre il timbro sulle credenziali da un cappellano annoiato che stava alla scrivania della sacrestia  a parlare al telefono e timbrava qualunque cosa gli fosse posta sotto. Poi ci fu la salita e riprese a piovere leggermente. Il ballerino perse di nuovo la strada perché viaggiava con la testa fra le nuvole e dovette tornare a riannodare il filo del sentiero. Al termine della salita dopo il villaggio di Picarana stavano  piazzati una serie di ristori in attesa dei pellegrini affamati. Fatalmente  tutti  si fermavano al primo baretto sovraffollato senza sapere che dopo la curva ce ne erano un altro paio semivuoti e anche più carini, ma si sa la posizione paga. Fra  salite e discese comparve finalmente il sole e il ballerino con il cuore lieve sbagliò strada ancora una volta e fu solo grazie al navigatore satellitare che aveva sul cellulare che più a monte riuscì a congiungersi al cammino originale perché stavolta era finito proprio nel pallone. Si trattava senza dubbio di un dono naturale quello di perdersi, riusciva a farlo un po’ dappertutto anche in luoghi conosciuti, figuriamoci lì sul cammino e da solo, ma sopportava con rassegnazione perché viaggiare a caso e sovrappensiero gli era sempre piaciuto.

L’ultimo pezzo fu ancora una salita non ripida ma lunghissima che sfiancò specialmente  il vecchio forestale e un paio di viaggiatori inglesi di una certa età che parevano reggere l’anima coi denti e facevano due passi avanti e uno indietro.

Arrivati alla periferia del paese di O’ Miladoiro finalmente si ricongiunsero ed andarono a cercare il bilocale che avevano prenotato al mattino.

Questo paese è ben strano: seguendo le frecce gialle del cammino si percorre una larga strada di periferia che costeggia  la chiesa, l’ostello e il supermercato e tira dritto per Santiago, ovvero tutto quello che serve al pellegrino e tutti quelli  che passano di lì pensano che il  paese sia tutto in quella strada.  In effetti O Milladoiro non è un consueto posto di tappa per i pellegrini perché Santiago dista appena otto chilometri  e  la meta è così prossima che praticamente tutti fanno un ultimo sforzo per raggiungerla nella stessa giornata.

Se si volta l’angolo e si fa percorrono cento metri si apre un altro mondo. Un grande e lungo viale con un traffico intenso che non si capisce da dove venga né dove vada, ai lati  negozi, bar e ristoranti, palazzi moderni, supermercati, gente. Una cittadina di 13.000 abitanti piena di piazze e parcheggi e tanti miniappartamenti, sicuramente una città dormitorio della vicina Santiago, dove si vive meglio, con più servizi e più centri benessere. Un posto fuori città dove magari i prezzi sono più bassi e la vita più tranquilla.

Fu una vera scoperta per i nostri per i quali  rappresentava solo una base di appoggio per arrivare trionfalmente la mattina dopo freschi e riposati

La sera trovarono il Piso, l’appartamento prenotato, con fatica perché il proprietario non era ad aspettarli e ci volle tutta la loro comprovata abilità dialettica per rintracciarlo. Un bilocale molto carino, moderno e funzionale, l’appartamento ideale se fosse stato a Parigi o a New York, utile per loro, ma nettamente sprecato per O Milladoiro.

Questa fu dunque una tappa di preparazione dove non accadde nulla di epico né di singolare.

Docciati e rinfrescati gli omarelli andarono al supermercato  e comprarono la cena già cotta:  pollo arrosto, patatine fritte e frittata con le patate e naturalmente la solita confezione di birre, l’alimentazione ideale degli sportivi.

Cenarono e dormirono a pancia piena senza problemi sognando il domani.

continua…

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