La camminata

La camminata costituisce una componente importante nella resa estetica e nella efficacia dei balli da sala, si tratta di un movimento spontaneo che tuttavia nella danza ha delle regole precise che, se rispettate, danno un vero tocco di classe.

Generalmente abbiamo la camminata in avanti per il cavaliere e la camminata indietro per la dama: nella camminata indietro è molto difficile mantenere il giusto equilibrio ed una posizione esteticamente e tecnicamente perfetta,  in più deve evitare di essere travolta dall’uomo che incede. Le donne fanno il lavoro sporco e difficile anche se sorridono come se nulla fosse,.

Il cavaliere che esegue la camminata deve inclinare del tanto che occorre il corpo in avanti, facendo cadere il peso sull’avampiede e mantenendo un equilibrio perfetto, senza mai scomporre la figura, mantenendo il busto in una posizione naturale e con le ginocchia rilassate;

Il peso del corpo deve essere spostato in avanti prima ancora di muovere il piede che deve eseguire il passo, bisognerebbe ripartire il peso sui due piedi solo quando il passo in avanti raggiunge la massima estensione.

La dama deve avere una postura arcuata alla propria sinistra e leggermente inclinata all’indietro. In linea generale la funzione della dama è di seguire il cavaliere, sia che egli stia eseguendo bene una figura o che stia clamorosamente toppando, insomma il maschietto non va sputtanato pubblicamente, ma dolcemente ripreso e rimesso in riga, naturalmente per le donne che ci riescono e gli uomini che se lo fanno fare.

Infine sarebbe bene che i partner avessero altezza uguale fra di loro o per lo meno non ci fossero distanze siderali tali da far sembrare la coppia formata da un adulto ed un  bambino.

Questa è la teoria, in pratica poi bisogna vedere cosa succede.

Prendiamo per esempio la mia amica Ermelinda: un metro e settanta senza tacchi, ma lei insiste a portare scarpe col tacco, per cento chili di ciccia ben distribuita tra rosee cosciotte, fianchi da platano, culone da ninnananna, poppe da balia, bella schiena piena ed un volto radioso sormontato da una cofana di capelloni neri acciambellati in una crocchia sontuosa.

Uomini, fatemi vedere come impostate la camminata di ballo con questa signora  e vi dirò chi siete o, come si dice dalle mie parti, vi misurerò la febbre.

Ermelinda è sana e simpatica, grande mangiatrice che ogni tanto cede ai consigli dei benpensanti e si mette a dieta per un paio di settimane, salvo poi rifarsi della faticosissima perdita di tre etti nel corso di una sgranata di cacciucco alla livornese. Di costituzione forte e con una agilità insospettata non provatevi a considerala come una donna infelice e inabile perché, se è per caso nella giornata sbagliata, potreste ritrovarvi con un occhio gonfio.

Ermelinda farà la sua parte nel ballo, basta che sappiate abbinarvi in un duo equilibrato di stature e contrappesi altrimenti sarebbe come pretendere di guidare un camion dopo aver fatto scuola guida in motorino, insomma per lei ci vuole la patente per autoarticolati da sala, è una donna che richiede uomini veri e non mezze seghe.

Si è detto che in linea generale il ruolo della dama è di seguire il cavaliere, sia che egli stia eseguendo bene una figura o meno, ebbene Ermelinda non aderisce a questa linea di pensiero, conosce le regole e le figure dei balli ed ha pure il senso del ritmo, perciò non pensate che vi segua se sbagliate l’uno o l’altro, sarà come tentare di muovere un muro sul quale potreste andare  a sbattere dolorosamente, se invece vi lasciate andare lei vi rimetterà in carreggiata, con le buone o con le cattive.

E’ una prova del fuoco: nelle scuole di ballo serie dovrebbe essere obbligatorio sostenere un test di fine corso con lei per il conseguimento del diploma di perito ballerino. L’esperienza di un giro di tango con lei mette alla prova il sistema neurovegetativo, è una sfida tra le leggi della fisica, la forza di gravità e la capacità di controllare gli impulsi del sistema nervoso autonomo, come il rilascio di adrenalina, l’accelerazione dei battiti e la sensazione di paura.

Amo ballare con Ermelinda. So come domarla, con dolcezza e fermezza adeguando il mio passo veloce al suo più compassato e non pretendendo cose che non può dare come se fosse una frullina da venti chili, per il resto lei sa fare di tutto anche lanciarsi in valzer musette, che amore!, che sfiancano e la fanno ridere forte e tolgono il respiro, e persino nei medio cortè del tango, basta sorreggerla quando scende giù con la schiena. Il  trucco è tenere il baricentro in equilibrio facendole spostare il culone in maniera coordinata con le gambe, se si sbilancia sono dolori articolari e cazzi amari, ma a me non capita.

Ermelinda è tutta contenta quando partiamo in quarta e giriamo attorno alla pista facendoci largo tra gli avventori a suon di sportellate e svicolamenti rapidi, finta a destra, scarto a sinistra, tunnel e via, e non tentate di fermare la nostra mazurca che sennò montiamo su anche voi e vi depositiamo al traguardo senza che neanche ve ne accorgiate, una volta presa la velocità ci vuole una rampa di decelerazione per fermarci, mica si può inchiodare di brutto.

Volteggiare con Ermelinda suscitando l’invidia delle secche e lo stupore del pubblico è una festa dello spirito e fa bene alla salute, si perdono dai cinque ai sette etti a serata e mi ripaga delle frustrazioni  che mi porta questo fisicone da rinoceronte che mi porto dietro.

Certo chi ci incontra sulla linea di ballo deve per forza fuggire e cambiar direzione e questo ci rende invisi alla maggior parte dei frequentatori delle balere,  ma tant’è, nessuno è perfetto.

Petronilla cuore di vetro

Nata da famiglia facoltosa, una educazione classica spesa dalle suore crocifissine, magra cinquanta chili ed alta più di uno e settanta, occhialini d’argento e capelli neri raccolti in crocchia, vestiti di classe un po’ fuori moda, scarpe basse e calze spesse, spiritosa e riservata, con pochi amici e molti parenti: Petronilla Dehò della famiglia Dehò,  quella delle tazze di porcellana, intese come tazze del cesso.

Intelligente e istruita, una ragazza di buona famiglia come usava una volta, un ottimo partito col difetto di non essere appariscente e brillante, e, diciamolo, neanche una bellezza !

Così all’età di trentaquattro anni era ancora nubile e illibata, ed un tantino rassegnata.

Di innamoramenti ne aveva vissuti fin troppi, ma tutti introspettivi e ineluttabilmente solitari. Amina, la sua amica prediletta, la chiamava cuore di vetro perche era di una fragilità disarmante e di una trasparenza cristallina, un cuore, secondo lei, destinato a spezzarsi ogni volta che  veniva tirato in ballo, si sentiva quasi di proteggerla per questo.

I suoi slanci amorosi erano fantasticherie della sua fervida testolina mora, Petronilla era inguaribilmente romantica e aspettava un compagno che non aveva volto nè nome, e ancora non era fisicamente delineato nella sua testa, aspettava qualcuno che facesse vibrare quelle corde che sentiva di avere ancora intatte, nuove di pacca. Il resto non sarebbe stato importante.

Una inguaribile ottimista.

Ironia della sorte fu proprio Amina a mettere a dura prova il suo cuore trascinandola in una azzardosa avventura al termine di una giornata di mare settembrino: una serata al Fenicottero Rosa, dancing della riviera  rinomato per essere un ricettacolo di zitelle vogliose, scapoloni di mezza età e mariti in cerca di metter corna alle consorti,

Così per la prima volta mise piede in una sala da ballo e ne rimase segnata per sempre.

Non è che fosse sprovveduta al punto di non sapere come si svolgevano certe  serate, ma trovarsi immersa nella musica ad alto rimbombo di una orchestra di liscio con tanto di doppia cantante scosciata e ad un turbinar di ballerini in pista che roteavano apparentemente felici, la stregò oltre misura:  cosa c’era dietro quel divertirsi un po’ sguaiato ?

Carne viva e sudata,  desiderio, voglia di mettersi in mostra per attrarre in un gioco di seduzione scoperto che fece palpitare forte il suo cuore di vetro, senza che peraltro nemmeno si incrinasse.

Amina le parlava incessantemente dei suoi amori senza speranza, ma lei ascoltava distrattamente, troppo presa dal fascino del circo che si svolgeva sulla pista e dintorni. Guardava ed ascoltava e quell’ambiente a lei lontano le appariva viceversa familiare, come se nella precedente incarnazione il suo spirito avesse alloggiato nel corpo di una ballerina di saloon.

Sentiva le pulsioni che spingevano gli uomini al corteggiamento vistoso delle donne mentre le invitavano a ballare, sussurravano chissà quali frasi imperscrutabili vicino all’orecchio o ammiccavano con gesti ambigui. Sentiva l’attesa delle donne sedute  intente a perlustrare la sala senza farsi accorgere, gli sguardi obliqui che soppesavano gli uomini, tenevano le briglie della fantasia allentate pronte  a ritrarle sdegnose al primo approccio sgradito. Percepiva tutto questo e  si chiedeva dove avesse vissuto per tanti anni per essere sfuggita al quell’intrigante gioco delle parti, a quella recita fascinosa.

Ad un certo momento, inaspettatamente, la pista si spopolò e due candidi e evidentemente celebri  ballerini tutti bardati a festa si lanciarono improvvisamente in un  folle Quick Step per il godimento degli spettatori.

Se fino a quel momento la serata era stata affascinante e prodiga di promesse e emozioni quella esibizione fu la rivelazione. Petronilla seppe con assoluta certezza cosa voleva fare: ballare come loro.

La serata fini quando Amina ricevette la telefonata di uno dei suoi presunti spasimanti, un certo Felice impiegato comunale e rubacuori, ed insistette per andarsene incontro ad un appuntamento a suo dire chiarificatore, Petronilla mica poteva restare lì da sola e dunque se ne andò anche lei.

Ma qualcosa di inimmaginabile era accaduto: una scintilla di desiderio si era accesa e con essa la voglia di misurarsi in quel gioco sconosciuto pur non conoscendone  le sfaccettature e non  intuendone le possibili implicazioni.

Petronilla non aveva ballato che alle feste in casa, quando ancora usavano le feste in casa, e quindi solo con amici di una cerchia ristretta o conoscenti referenziati, non aveva alcuna nozione del ballo, sapeva solo che si creava un contatto fisico con un uomo, tanto vicino che  se ne poteva respirare l’odore e l’umore, se ne poteva guardare il viso nei minimi dettagli senza vergogna e senza scuse, si poteva parlare o stare silenziosi in un reciproco patto di riservatezza e di intimità.

Il pensiero della sala gremita di gente ansiosa di mettersi in mostra e di misurarsi nel gioco della seduzione le ritornò alla mente a sera prima di addormentarsi ed il giorno dopo e ancora per i giorni che vennero, fintanto che, dopo un mese di sensazioni e riflessioni, chiamò Amina e la pregò di accompagnarla di nuovo al Fenicottero Rosa il sabato successivo.

Petronilla trascorse il resto della settimana in una attesa piena di curiosità.

Arrivata al sabato  sera si acconciò con estrema cura come forse aveva fatto solo il giorno del matrimonio della cugina Camilla, quando si era ingenuamente illusa di condividere la felicità di lei, indossò una ampia gonna nera e una candida camicetta sbracciata, scarpine col tacco dodici che ne facevano una stangona, i lunghi capelli neri finalmente sciolti e unghie e labbra tinte di rosso fuoco, una femmina fatale nel giorno della festa.

Amina la passò a prendere e rimase a bocca aperta, non l’aveva mai vista così.

Eccole dunque al Fenicottero, Petronilla fa il suo ingresso in un mondo nuovo e si sente a casa. Eccole sedute al tavolo d’angolo che guardano curiose e ridono, ecco Amina che la prende per mano e la porta in pista a fare un ballo assieme a perfetti sconosciuti, Petronilla capisce al volo come  muoversi, si scioglie, le piace, esce il suo spirito cannibale, ha finalmente trovato la sua dimensione.

Il suo cuore è pronto, lei è pronta, Petronilla nasce una seconda volta  e questa volta e lei che decide come.

Hearth of glass – Cathy and the Swingatonics – Quick Step