Tre umarell … – 3° Come nacque l’idea

Quella volta si era in autunno e  si parlava soprattutto di funghi e di chi ce l’ha ancora duro quando a un certo punto quello che ballava il liscio la buttò là: “Andiamo a Santiago ! “ tanto per vantarsi che lui c’era già stato vent’anni prima, sicuro che nessuno sarebbe stato disponibile.

Nessuno  rise, e fu già una sorpresa. Vi fu una lunga pausa e un lento tentennamento di testoline meditabonde: qualcuno rimase con l’involtino infilato nella forchetta sospesa a mezz’aria, la bocca semiaperta e il riflesso immobile, altri bevvero un bicchiere di vino in silenzio, una ruga sulla fronte, uno giochicchiò col tovagliolo, tutti pensarono  a quando erano giovani, ai viaggi con macchine scassate,  senza meta e con due lire in tasca, alle tenere notti all’aria aperta e a luoghi lontani che non facevano paura. Tutti vissero un fuggevole attimo di malinconia.

Poi nel giro di pochi minuti l’incantesimo svanì e ritornarono alla realtà: tempi finiti per sempre.

Fra un boccone e l’altro riacquistarono l’uso della favella con frasi sconnesse, senza sbilanciarsi, snocciolando ragionevoli considerazioni sull’età,  la prostata, le gambe molli ed i bisogni corporali fuori controllo,  ma il tarlo si era insinuato nelle menti senili e ognuno in silenzio faceva i conti con se stesso.

Poi si parlò un poco dell’amministrazione comunale che dopo settanta anni era passata alla destra un po’ per colpa di tutti loro, ma soprattutto degli altri. Discorsi da umarell, insomma, perché alla fine la colpa è sempre degli altri.

Al termine del pasto quando furono ai saluti e si dettero appuntamento a inverno finito, quello sicuro di se rilanciò “E allora ? Si va o non si va ?”

E fu proprio lì, nel parcheggio della trattoria della Cugna, dove peraltro non si era mangiato un granché bene, che  alla prima scrollata ne rimasero soltanto tre disponibili per andare a Santiago, dove per Santiago si intende quello di Compostela e non  quello del Cile.

Fu così che dei sei umarell originali ne rimasero in ballo soltanto tre.

Passò l’ inverno e poi, guarda un po’, anche quella volta venne la primavera e i nostri umarell erano sopravvissuti a tutto questo, ma nulla si era ancora mosso. Così lo sborone che aveva buttato là l’idea si dilettò a fare un bel programmino dettagliato di una dozzina di giorni di cammino con orari, tappe e chilometri, lo mise nero su bianco tanto per far capire le difficoltà e  quando si incontrarono di nuovo  lo mostrò a tutti  sicuro che nel frattempo si fossero smontati anche gli irriducibili e con una scusa si sarebbero scrollati l’impegno di dosso.

Ma non andò così.

Andò invece che gli altri due umarell da molti anni covavano segretamente quel desiderio di andare a Santiago e non avevano mai trovato l’occasione o la giusta compagnia per farlo come volevano loro: a piedi. Ed ecco che  quella insperata occasione era capitata.

Il primo dei due era il camminatore ecologico, uno che aveva fatto delle escursioni una ragione di vita. Uno che visse due volte: nella prima vita si sposò, costruì una casa in collina, ebbe due gemelli e fece il grullo per un bel po’ fondamentalmente perché era infelice. Per lavoro girava la provincia guidando autobus pubblici sulla linea Crespole – Lanciole, per  Calamecca si cambia, un chilometro dopo l’altro suonando il clacson a ogni curva “ poopiipoopii poopiipoopii “ e lentamente, anno dopo anno, deperiva.

Nella seconda vita lasciò la moglie e la casa in collina, cambiò  città, si fece una fidanzata nuova, chiuse con il lavoro di autista e si riciclò nella sua passione infantile: camminare.

Principiò quindi a girare mezzo mondo avanti e indietro sempre a piedi accompagnando ragazzi, ragionieri obesi e vecchietti su sentieri e crinali, dormendo in tenda e nei rifugi finalmente a contatto con la natura e godendosi la compagnia del cane: era la vita che aveva sempre desiderato.

Adesso era felice, ma non era mai riuscito a infilare nei percorsi suoi e degli altri il cammino di Santiago.

L’altro era un vecchio forestale, esperto di abeti rossi e di piste da sci, montanaro di cultura e adozione con la passione sfrenata di spengere incendi e con una intuizione geniale su questa attitudine si era creato una rimarchevole reputazione. Anche lui aveva girato il mondo per  monti e vallate spengendo fuochi qui e sciando di là, arrivando fino all’estreme propaggini del Cile, visitando la Santiago sbagliata, elargendo consulenze in giro per i boschi d’Italia. felice di come la gente ne riconoscesse le qualità, destreggiandosi fra figli, nipoti e uno strampalato e mutevole  tifo calcistico, facendo molte cose interessanti meno una: anche lui non era mai riuscito a trovare qualcuno che andasse con lui a Santiago, quella vera.

Così tutti e due avevano colto al balzo la palla buttata là in trattoria e si erano fermamente convinti che ora o mai più. Era il mese di marzo e  la faccenda aveva preso una piega decisamente seria e fu così che il ballerino di liscio si ritrovò invischiato nella sua stessa spacconata e non si poté più tirare indietro neppure lui.

continua ….

Tre umarell… – 2° La rimpatriata

Abusato termine per indicare un incontro fra vecchi amici, utilizzato nei tempi moderni tramite Facebook e internet per riunioni di vecchi compagni delle elementari, del collegio dei Salesiani o del servizio di leva. E’ generalmente causa di sgradite sorprese  quando ci si accorge che qualcuno è morto, la ragazza che ci faceva perdere la testa è diventata un’anziana triste e grinzosa, lo snello è diventato grasso e il bullo un vecchio fanfarone malinconico e soprattutto tutti sono invecchiati tremendamente e se lo sono gli altri ……lo siamo  anche noi! Una occasione nella quale si tocca con mano il declino proprio e altrui, e quando si rientra  a casa si dice: non lo rifarò mai più.

Il ciclista provetto, che fra le altre molteplici attività era anche un convinto gommonauta e che aveva venduto automobili a tutta la città meno che agli amici, non era di questo parere ed ebbe un giorno la sconsiderata idea di organizzare una di queste rimpatriate. Contattò così i vecchi compagni di gioventù con la decenza di farlo a voce e non  utilizzare Facebook o il computer, anche perché con questi strumenti, non appartenendo alla categoria dei veicoli, non aveva gran dimestichezza.

Ai più parve  una forzatura, una rottura di maroni, un patetico tentativo di tornare indietro, ma lui insisté cocciutamente, l’ostinazione era uno dei suoi pregevoli difetti, finché tutti accettarono di rivedersi attorno a un tavolo di trattoria nel Mugello.

Si chiamava Antica Osteria di Montecarelli.

L’incontro fu cordiale “ma come stai ? ma la famiglia com’è ? e i figli che fanno ? e la pensione ? e la salute ? e via e via con l’ova …” , e intanto  addentavano crostini neri e tagliatelle al sugo, bevevano bicchieri di vino rosso e assaggiavano carne arrosto sotto al pergolato dell’osteria. Ma non erano venuti fin qui per ragionare delle mogli e dei figli, erano qui per loro stessi.

Un poco di imbarazzo all’inizio, poi, con prudenza, le reticenze lentamente si scioglievano, le perplessità venivano superate e ci si lasciò andare passando olre il riserbo. Certo, erano tutti invecchiati, ma conservavano ancora la scintilla che li aveva accomunati  tanti anni prima. Assaporarono il piacere di riconoscere i vecchi tic e le vecchie ossessioni e la voglia di sorridere immutata. e per tutti fu come ritrovare un  po’ di se stessi, vecchi compagni cresciuti col mito di Berlinguer che non rimuovono il passato, anche quello sbagliato.

Fu una giornata inaspettatamente piacevole al punto che da allora divenne una consuetudine ritrovarsi una volta l’anno, poi due volte l’anno e infine ogni volta che qualcuno ne avesse avuto voglia.

Questa fu la genesi, e in questo caso la rimpatriata riuscì alla grande e il ciclista provetto da allora in poi poté raccontare orgogliosamente questa cosa alla nipote:

“Lo sapevi che il nonno una volta chiamò a raccolta i vecchi amici di gioventù e si fece una gran festa ? te lo avevo mai raccontato ?”

“E basta nonno !  me l’avrai  detto cento volte ! prendi le pasticche piuttosto sennò rimbambisci del tutto. su, apri la bocca !”

continua……

Tre umarell…

Tre umarell andarono a Santiago e tre umarell se ne stettero a casa: il primo disse che aveva male ai piedi e non poteva camminare, ma solo andare in bicicletta per fare sui 140 chilometri al giorno. Il secondo ebbe un infarto asintomatico mentre tentava di scalare una montagna non innevata e fu portato in elicottero all’ospedale dove gli dissero: “Signore mio, questi son  segnali ! Stia attento a non  fare sforzi e soprattutto non si strapazzi”, e questa fu senza dubbio la scusa migliore,  il terzo, che era l’unico biondo, non aveva ferie in quel periodo sebbene fosse in pensione da otto anni.

Ma andiamo con ordine.

Anni 70: c’era un bel gruppetto di ragazzi sfigati allevati nella casa del popolo che  si frequentavano e si divertivano con leggerezza, ma ogni tanto sapevano essere anche seri.

Avevano vent’anni, vivevano insieme la giovinezza, le lotte “si-fa-per-dire” di classe e i primi amori quando a un certo punto, come sempre accade, scomparvero i brufoli e scoppiò  la maturità e con essa una infinita sequenza  di  novità serie e inopportune come  fidanzate che poi si trasformavano in mogli che poi si trasformavano in madri, relative famiglie che crescevano, pensieri, case da comprare, mutui  e conseguente necessità di lavorare a testa bassa senza tanti grilli per il capo..

Sommersi da quella valanga di responsabilità accadde così che senza neppure accorgersene si persero, allontanati per strade e frequentazioni distanti l’una dall’altra.

Passarono nell’oblio quaranta anni (quaranta !) e qualcuno dei ragazzi non ce la fece: Sandro, Roberto, Marco, Piero che con la casa del popolo  non c’entrava niente. E’ vero che si erano allontanati ma le notizie correvano comunque e ogni volta che uno di loro moriva qualcosa veniva perduto per sempre da tutti gli altri.

Di qualcun altro si persero le tracce definitivamente per scelta o incuria e alla fine ne rimasero soltanto sei.

Alla soglia dei settanta e digerita l’eccitante novità della pensione, sembrò che tutta una vita di lavoro fosse appartenuta a qualcun altro e si ritrovarono senza accorgersene nella categoria degli umarell,  di coloro che non hanno un cazzo di nulla da fare, mentre nel frattempo le mogli, com’è giusto, continuavano a lavorare.

Giornate lunghe che riempivano con le attività più svariate:  qualcuno faceva  consulenze per arrotondare, un’altro tirò fuori dal garage  la bicicletta, uno si mise a ballare il liscio, uno si dedicò anima e corpo a metter su una seconda famiglia, chi faceva le scalate e chi suonava il pianoforte, chi girava in moto, chi faceva il bolognese a tempo pieno e chi ancora vendeva automobili per prendere il caffè coi clienti.

Erano quelli che avevano sperato in un futuro migliore e involontariamente contribuito a farne uno peggiore,  un po’ viziati, un po’ mammoni, col pensiero dominante della ragazza e col lavoro a tempo indeterminato. Era la generazione nata e cresciuta dopo la guerra senza averne vissuto i dolori e troppo giovane per aver goduto della rinascita economica, incapaci di stare dietro ai tempi frenetici e alle ristrutturazioni, ai cambiamenti sempre più rapidi, ai tagli del personale e ai ritmi moderni, in difficoltà coi cellulari e nemici giurati dei social.

Tutti smisero prima o dopo di andare a donne, tutti prima o dopo si pentirono di aver votato Renzi e tutti a un certo punto della vecchiaia covavano la nostalgia dell’atmosfera della casa del popolo, alla ricerca di qualcuno simile a loro, come  a chiudere un cerchio per troppo tempo rimasto aperto.

continua …….

Maciucambo alla radio

Riparte oggi alle 13.30 su Radio Diffusione Pistoia “Una stagione al Maciucambo” storia di una stagiome di ballo in una balera di provincia, scritta e narrata da Gianfranco Lotti ed interpretata con somma maestria da una banda di amici compiacenti.

Il lunedì alle 13.30 con replica il venerdi alle 20.30 sulle frequenze radio FM 92.1 MHz – FM 95 MHz o scarica l’applicazione.


Yuan Shaoyang e Qi Chongxuan

E si ! Sono cinesi, ma non li stereotipi  ai quali siamo abituati:

quelli lontani  che stanno in Cina e sembrano strane creature addensanti che lavorano 39 ore al giorno e si muovono compatti e fanno tutto a prezzi più bassi e cucinano ogni cosa che si  muove…. no, non sono di quei cinesi lì.

E neppure quelli che popolano le nostre città:  anche loro lavorano 39 ore al giorno e accomodano i telefonini per quattro soldi e ci fanno la permanente a tutte le ore del giorno di tutti i giorni  dell’anno e che “basta non farsi mettere in capo i loro prodotti che sono all’uranio”  invece quelli che si comprano da noi sono tutta salute…..,  ebbene, non sono neppure di questi cinesi qui.

No, questi sono ballerini !

Ballerini cinesi di danze standard del circuito internazionale dei mostri sacri del ballo, giovani, atletici, belli, alti , eleganti, benestanti, sono di questo nuovo tipo di cinese,

Li ho visti ballare qualche volta in competizioni internazionali di altissimo livello, loro ballano solo in quelle gare lì, e quelli che fanno quelle gare è ovvio che ballano bene anzi benissimo, magicamente attraggono gli  sguardi degli spettatori, provocano l’applauso ed il sorriso di ammirazione “ma guarda te cosa si riesce a fare col corpo, e chi l’avrebbe mai detto !!!!” .

Li ho visti l’ultima volta ieri in una gara di WDSF Adult International, erano insieme ad altri con nomi impronunciabili da paesi dell’est e al numero  uno al mondo Evaldas Sodeika e alla sua dama che si chiama  Ieva  Zukauskaite  e che ingiustamente appare sempre  in secondo piano: si dice c’è  Sodeika e si intende la coppia. Ma si sa nel ballo l’uomo tende a polarizzare l’universo. Ebbene, stavano ballando i loro turni e la gente aspettava e cercava con lo sguardo Sodeika  il campione inarrivabile, l’alieno in mezzo agli altri fenomeni e c’era tanto da vedere e da ammirare delle loro evoluzioni impossibili, del loro modo di rendere naturale e asettico uno sport complicato fatto di mille movimenti e torsioni e accadeva che gli altri fantastici ballerini  facessero solo da contorno  e dopo un fugace apprezzamento venissero abbandonati al loro destino di  comparse.

Poi,  di passo in passo, di ballo in ballo, di sfuggita prima e con maggior convinzione dopo, lo sguardo passava e si trasferiva dal campione affermato sorvolando le  altre coppie, tutte belle, tutte brave, tutte “fatte con lo stampino” e si soffermava sulla coppia cinese simile alle altre eppur diversa, gli occhi a mandorla ? i capelli scuri ? o una sottile polverina magica ?  Turno dopo turno fino alla finale e lo sguardo via via si trasformava dalla simpatia alla  partecipazione fino al tifo.

Perché ?

Ci ho pensato il giorno dopo: Sodeika rappresenta il limite inarrivabile, il controllo a tempo di musica di ogni singolo muscolo del corpo, compreso il sorriso, e ti fa capire  ciò che non sei mai stato e che mai e mai sarai . Ti fa venire in mente un androide col frac!

Yuan e Qi ti fanno semplicemente venir voglia di mettere le scarpette da ballo e correre in pista.

Alla fine Sodeika è arrivato primo e Yuan quinto, ed è pure logico visto che uno è il numero uno e l’altro il cinquantasette, ma la gente a bordo pista non era soddisfatta del risultato e si faceva le foto coi cinesi ed io mi sono complimentato con  loro e lui appena uscito di pista, sudato e trafelato, mi ha abbracciato e baciato come un bambino.

All’altro, a Sodeika,  avrei potuto chiedere l’autografo, ma mi sono peritato, non volevo disturbare.

Si, deve essere la polverina magica !

Un altro anniversario

Mi stavo dimenticando !

Mi stavo dimenticando che oggi è l’anniversario di Patriebalere, questo blog, il mio blog.

E dal 4 marzo del 2010 che è aperto e quindi sono ……sono ….. dieci anni, si, sono proprio  dieci anni oggi e io me ne stavo scordando ! cialtrone, volubile, vecchio rincoglionito che dimentica le ricorrenze.

Eh si sono proprio dieci anni e …. non so cosa dire, anche perché me ne ero dimenticato ( l’avevo già detto ?)  e beh, insomma, io ci sono ancora, con meno balere e meno idee ma sono sempre qui e se qualcuno vuole dare un mano si faccia avanti che ho perso il filo !

e, a proposito:  auguri !

Facebook

Cosa c’entra Facebook con il ballo ?

anche niente di per sé , si è ballato per secoli senza sentire il bisogno di farlo sapere agli altri, ma il non farlo sapere agli altri, oggi, in questo folle mondo di bugie e social, equivale a non fare una certa cosa, non  esistere, scomparire nell’anonimato.

Ed ecco che ogni podio ogni risultato, ogni vestito, acconciatura, passo, figura, ogni sorriso ogni posa un po’ elastica, una sciancata e una moina leziosa, ogni diploma, medaglia, coppa o distintivo  viene pubblicata e sbandierata, sennò che la si è fatta a fare ? A chi si racconta ?

Allora ogni lunedì mattina compare sui profili dei ballerini una foto di coppia in posa tragica e sotto la nota relativa:

“Contento di  essere arrivato primo / secondo / quarto / in finale / in semifinale / sul podio / di aver partecipato (significa che è andata male) ”

A  volte si aggiunge la specifica dei partecipanti, è infatti fondamentale la relatività del piazzamento in base al numero: pare sia preferibile arrivare quarantesimi in una massa informe di cento asini che secondi in una gara a due coi campioni del mondo, tanto la “gente” capisce solo i numeri:

 “oggi dodicesimi su quarantaquattro / ventiduesimi su novanta / settimi su trentadue / (e perfino)  centosessantesimi su duecentoventidue”

oppure

“emozionati per la nostra prima gara in B3 / C /  B2 / A / AS / Z / W / Y eccetera “

come se un estraneo capisse qualcosa  della differenza tra classi di ballo, ma anche

“un grazie ai miei  maestri / alla mia ballerina / al mio ballerino / ai nostri tifosi”

Una profusione di foto e di commenti, di “mi piace”, di cuoricini e di “belli” e di “bravi”. Una valanga variopinta, una epifania di emozioni vere e tarocche. Premesso che non sono contrario ai complimenti, anzi mi piace un sacco farli e riceverli a voce, è andata che per il sovraccarico di noia in un giorno di pioggia ho silenziato tutti i post Facebook dei ballerini (non fateglielo sapere che sono permalosi assai)  e così mi sono liberato di inutili e stucchevoli autocelebrazioni in abito di gala.

Finalmente soddisfatto della pulizia etnica mi sono ritrovato fra le mani una bella foto mia e di mia moglie in una posa di ballo che mi entusiasma ..……… e  adesso ????? mica posso metterla  io su Facebook , altrimenti la coerenza dove va  a finire ?

Cazzo, è un vero dilemma !

Le mirabolanti indagini del maresciallo Battaglia … due: Fornacette

Questa mattina 4 novembre alle ore 10,45 davanti a me agente scelto Settimio Paccosi fu Gerolamo si presentava tale signor Demetrio Fantacci di anni 86 coniugato e convivente con Margherita Riccò di anni 84, di professione pensionati Inps entrambi sia lui che lei, il quale dichiarava che nella notte compresa tra ieri e oggi, ovvero stanotte quella passata e non quella che deve ancora arrivare, mentre si trovava nella sua abitazione sita in Via del Gelso numero 7 in località Poggio al Casone composta da due piani contenenti tre stanze al piano più un servizio con vasca da seduta, e precisamente al piano primo nel suo letto a due piazze dormendo di sonno lieve in quanto affetto da ventitre anni da insonnia di origine ansiosa,  percepiva dei rumori sospetti  provenienti dal tinello attiguo del tipo specifico riferentisi ad aperture di sportelli della credenza rococò, di epoca fine ottocento ereditato dalla famiglia dello zio, e rufolamenti fra gli oggetti in essi contenuti.

Nel contempo la di lui consorte Margherita Riccò, che non è qui presente in quanto tuttora convalescente, stava guardando al piano sottostante la televisione modello Grundig 40 pollici la puntata della nota trasmissione  “Camionisti in Trattoria”  che si stava protraendo oltre la mezzanotte.

Il signor Demetrio si dichiara sicuro che la moglie stesse dormendo in poltrona, cosa che accadeva ogni sera.

Ma veniamo al punto.

Insospettito dal rumore ed avendo spesso appreso dal telegiornale, in particolare canale 5, di ripetuti tentativi di effrazione, furti, rapimenti e pestaggi nei confronti di vecchi indifesi, si premurava di alzarsi dalla posizione distesa e recarsi cautamente in pigiama nell’attiguo ripostiglio ove viene conservata, oltre ad alcune oggetti di uso quotidiano, una piccozza da alpino ricordo del servizio di leva svolto a Belluno, detenuta in tal luogo a scopo di arma di difesa contro eventuali aggressori.

Quivi, per non destare sospetti nell’intruso, tastava in silenzio e al buio alla ricerca della piccozza e raccoglieva il primo oggetto a portata di mano che nello specifico risultava essere anziché la suddetta piccozza uno spazzolone di tipo mocio vileda con impugnatura in plastica dura di colore giallo limone.

Munitosi di tale attrezzo si posizionava dietro la porta della camera e dopo alcuni minuti di attesa resa problematica a causa di sopraggiunti impellenti bisogni corporali e pur iniziando a temere di non resistere ulteriormente, si affacciava una figura non meglio identificata che con fare furtivo si introduceva nella camera armato di pila a batterie che puntava dritto negli occhi del signor Demetrio il quale profferiva le testuali parole:  “Chi sei? Togli la luce!” e nel contempo a scopo di difesa preventiva sferrava un colpo deciso sulla testa dell’intruso tramite lo spazzolone con mocio. Il malcapitato emetteva allora un urlo poderoso e frasi sconnesse in lingua non ben definita che il signor Demetrio identifica come arabo delle quali il signor Demetrio percepiva il solo termine “porca puttana” .

L’intruso, intimidito dalla pronta reazione del signor Demetrio barcollando sulle proprie estremità e tenendosi il cranio abbandonava a terra la pila a batteria ed un candeliere di peltro facente parte del corredo della signora Margherita Riccò, e si dirigeva con lunghi balzi verso la rampa di scale che conduce al piano terreno percorrendola con veemenza al termine della quale invadeva corporalmente la signora Margherita la quale, svegliata dal rumore della colluttazione, si era nel frattempo sollevata dalla poltrona e si stava dirigendo verso il piano superiore della abitazione proferendo le testuali parole “Demetrio che succede ? cos’è questo casino ? “.

La collisione fra il soggetto fuggente lungo la rampa di scale e la signora Margherita Riccò che stava salendo la medesima rampa portava ad una rovinosa caduta dei due fra i quali la moglie restava a terra in stato di stordimento e il fuggente si rimetteva subitamente in posizione eretta e usciva barcollando dalla porta di ingresso imprecando  e pronunciando offese irripetibili  in lingua sconosciuta delle quali peraltro né il signor Demetrio né la signora Margherita sono in grado di distinguere il significato allontanandosi successivamente di corsa nella notte buia.

A questo punto il signor Demetrio provvedeva a chiamare il pronto intervento che ivi dirottava la pattuglia di servizio che al comando del maresciallo Battaglia si trovava in località Fornacette in sosta di appostamento fuori del locale Flamengo dove si esibiscono ballerine di lap-dance

La pattuglia decideva quindi  di abbandonare momentaneamente l’appostamento e recarsi a sirene spiegate  in via del Gelso per un intervento di pubblica sicurezza, ma qui giunti non trovavano traccia alcuna del ladro bensì il signor Demetrio ancora in pigiama e la signora Margherita che si era riposizionata nella poltrona sopracitata con una grossa borsa di ghiaccio sul cranio.

Raccolte le generalità e constatato che non era possibile individuare la direzione presa  dall’invadente il maresciallo Battaglia consigliava l’intervento di una autoambulanza della locale Croce Rossa e di recarsi presso questa caserma per la denuncia  del caso e riprendeva le operazioni di appostamento al Flamengo

E qui siamo al punto

Da una inventario sommario non risulta che siano stati asportati oggetti di valore dalla abitazione, risultano altresì macchie di sangue e materiale organico di cui non si conosce l’appartenenza sul tappeto posizionato in fondo alle scale.

Il qui presente sopracitato Demetrio Riccò intende presentare denuncia per aggressione a mano armata a scopo di rapina e maltrattamenti alla moglie e disturbo della quiete pubblica e dichiara agli atti “E’ la prima volta che ci succede una cosa del genere, ma da mia cognata, che sta proprio accanto a noi, i ladri sono già entrati. A Pisa c’è da aver paura, è l’ora di farla finita con questi marocchini.”

La signora Margherita è stata giudicata guaribile in sette giorni salvo complicazioni ed intende sporgere richiesta di danni morali e materiali alla comunità musulmana delle provincie di Pisa e Livorno ed alla assicurazione La Fondiaria con la quale aveva stipulato  la polizza del capofamiglia.

Seguiranno accurate indagini per rintracciare l’individuo sospetto sulla base della identificazione del signor Riccò il quale precisa che il colorito della pelle dell’invadente appariva  marrone ed acclarare quindi gli avvenimenti.

Scritto, letto e riletto e firmato dal sottoscritto Agente scelto Settimio Paccosi fu Gerolamo

Questa è una storia vera. Non ci credete ? aprite il link qui sotto

http://iltirreno.gelocal.it/pisa/cronaca/2018/11/01/news/ottantenne-trova-il-rapinatore-in-casa-e-lo-mette-in-fuga-con-lo-spazzolone-1.17415907

Le mirabolanti indagini del maresciallo Battaglia

Sarzana
Alle ore 02,00 del mattino del giorno 5 maggio c.a. si presentava presso questo comando la signorina Verusca-con-la-kappa Tognozzi la quale si manifestava in abiti succinti composti da: una mutanda a filo deretano di colore indefinibile in quanto confondevasi con l’epidermide sottostante, un paio di calze a rete lungamente smagliate sulla coscia sinistra, una scarpa con tacco alto molto più del necessario, una maglietta della squadra calcistica professionistica Sampdoria recante il numero 10 e la scritta Cassano sul retro. La signorina si presentava ansimante nella parte interiore del torace e scarmigliata nella parte superiore del cranio e con una vistosa fasciatura al polso destro.
La suddetta signorina Verusca-con-la-kappa riferiva che nel corso della notte medesima si trovava sul tetto del villino Milly sito in località Al Poggio della ridente cittadina di Sarzana quando a causa di uno spavento scivolava lungo gli scoscesi embrici di tipo portoghese in laterizio di colore rossastro piombando rovinosamente sul terrazzo sottostante il tetto suddetto e fratturandosi, secondo sua personale diagnosi, il polso destro.
Da quanto asserisce la sopracitata lo spavento le veniva procurato dall’inaspettato intervento delle forze dell’ordine che stavano sopraggiungendo a sirene spiegate e con i riflettori a led azzurro di recente dotazione della potenza non trascurabile di 3.000 vatt che la illuminavano accecandole la vista degli occhi mentre si trovava appunto sul tetto sopra menzionato.
A tale scopo questo verbalizzante ritiene utile precisare che tale intervento delle forze dell’ordine comandato dal maresciallo Battaglia era stato reso necessario dalla chiamata telefonica della signora Milly Pappalardo di professione infermiera presso il nosocomio “Speriamobene” del capoluogo e residente nel suddetto villino Milly che appunto da lei aveva assunto il nome considerata anche la circostanza che come ella sostiene lo aveva pagato tutto di tasca sua senza che il marito ci mettesse una lira.
A precisa domanda indagatoria del maresciallo la signora Milly Pappalardo dichiarava che avendo ella terminato il turno di sorveglianza notturno degli ammalati in anticipo rispetto all’orario consueto che prevedeva le ore otto del mattino, si era recata alla propria abitazione tutta contenta di poter occupare come da testuali parole “finalmente, una volta tanto” il letto matrimoniale insieme al suo legittimo consorte nonché convivente S.T. di anni 54 che nel letto doveva già trovarsi dalle ore 23 della sera precedente. Quando, dopo aver parcheggiato l’autovettura, una Ford Fiesta color fegato con targa AZ 222 PT regolarmente revisionata e in regola col bollo, scorgeva una figura di tipo femminile che con movimento furtivo e sospetto fuoriusciva dalla porta finestra sita in camera da letto e si arrampicava sul canale di gronda in rame rifatto l’anno precedente fino a salire sul tetto del villino.
Scambiando tale figura misteriosa per un malvivente di sesso femminile telefonava prontamente a questo comando richiedendo l’intervento della pattuglia di servizio.
Datosi che la pattuglia di servizio sopra citata comandata dal maresciallo Battaglia si trovava in perlustrazione nelle strade adiacenti dove agiscono da tempo note avvenenti prostitute libanesi, occorsero pochi minuti perché l’auto si presentasse appunto a sirene spiegate e con i fari a led accesi al villino.
Fu allora che ebbe luogo l’incidente.
La signorina Verusca-con-la-kappa Tognozzi dopo essere caduta sul terrazzo della camera da letto del villino Milly veniva prontamente soccorsa dal signor S.T., marito della chiamante intervento signora Milly, il quale facendo capolino dalla camera  le rivolgeva a gran voce e con tono preoccupato le testuali parole dal consesso udibili “Ti sei fatta male tesoro ?”
A questo punto la signora Milly Pappalardo veniva colta in ordine cronologico:
1. da uno svenimento di breve durata con caduta senza conseguenze grazie al pronto intervento del maresciallo Battaglia che la prendeva al volo mentre cadeva
2. da un subitaneo risveglio con espressione interrogativa nei confronti della pattuglia
3. da una improvvisa crisi di nervi che la portava ad urlare offese verso il marito S.T. e la signorina Verusca-con-la-kappa alla quale si rivolgeva con l’appellativo “maledetta sgualdrina”
4. da una reazione impulsiva che la portava a liberarsi con una certa fatica dalle braccia del maresciallo Battaglia che continuava a stringerla cercando di calmarla con le parole “non si preoccupi ci sono qua io”
5. da un imprevedibile raptus energetico che la portava a correre in casa, vanamente inseguita dal maresciallo e giunta alla camera da letto di cui sopra colpire ripetutamente nella parte superiore del corpo il signor S.T. con lo sgabello poggiapiedi in stile francese che trovavasi nelle vicinanze del letto
Poiché la situazione stava precipitando la pattuglia ritenne opportuno bloccare i contendenti e per la sua propria incolumità apporre le manette ai polsi al signor S.T. che peraltro presentava una espressione di stupore e nel contempo tranquillizzare la signora Milly Pappalardo che stava continuando a percuotere il marito ammanettato, tramite una tazza di cioccolata calda subitamente preparata dal maresciallo Battaglia stesso con l’aggiunta di quattro bustine di zucchero di canna.
Nel contempo la signorina Verusca-con-la-kappa che si trovava dentro gli abiti ristretti citati in questo verbale e si lamentava del dolore veniva premurosamente accompagnata nell’ infermeria di questo comando in quanto non si ritenne opportuno condurla al nosocomio “Speriamobene” per non agitare le acque già burrascose.
Alla signorina Verusca-con-la-kappa venivano applicati nella infermeria di questo comando cinque punti di sutura sul polso destro nonostante ella fosse convinta che una frattura non si cura con i punti di sutura e protestasse alquanto e le venivano pertanto somministrate a scopo curativo 50 gocce di Valium.
La signorina Verusca-con-la-kappa resa molto più tranquilla dal Valium e dalla ottima fasciatura decideva quindi di sporgere denuncia contro ignoti per i danni subiti non intendendo gravare con accuse pesanti e circostanziate i convenuti all’incidente e non rinunciando tuttavia ai propri diritti di risarcimento assicurativi nei confronti della compagnia La Fondiaria dove vige una polizza infortuni a suo favore.
E qui siamo.
Questo comando eseguirà dunque le opportune indagini per appurare il reale svolgimento degli eventi onde assicurare i colpevoli alla giustizia.

Scritto, letto e riletto e firmato dal sottoscritto
Agente scelto Settimio Paccosi fu Gerolamo

E’ una storia vera, non ci credete ? aprite il link qui sotto

https://www.lanazione.it/sarzana/cronaca/amante-tetto-1.4224547