Addì 20 luglio dell’anno corrente si verbalizza l’indagine portata a termine nei giorni precedenti dalla pattuglia mobile al comando del maresciallo Battaglia.
La pattuglia risultava così composta: autista alla guida agente semplice Gerardo Tasselli, sedente davanti maresciallo Battaglia al didietro del quale stazionava come d’uso l’ausiliario Rino Badalà.
Il giorno 15 luglio u.s., anniversario di San Camillo, la pattuglia stava perlustrando l’area adiacente alla località Bagnolo dove segnalavasi la presenza di signorine di facili costumi, quando veniva richiamata dal piantone di guardia per una indagine urgente e dirottata presso il condominio Fatebenefratelli di via del Salsero su segnalazione di tale Erika Manescu, di anni 52, infermiera, nubile e vegetariana, di genere rumena.
Giunti sul posto, interno 5, pianerottolo a destra, il maresciallo Battaglia e i suoi uomini raccoglievano la testimonianza della Manescu che in quanto rumena si esprimeva in una lingua del tutto incomprensibile:
“Vecina mea are sex spinto, da, și io zento rumore de toate note și dimensiunile nu mă fac dormire niet. Essere io poverina în terapie psichiatrica, da”
Non avendo capito niente ma notando un atteggiamento per lo più isterico della Manescu l’ausiliario Badalà, essendo il più istruito della squadra, suggeriva di usare il traduttore di Google sul telefonino e il maresciallo pure se diffidente delle tecnologie avanzate ne autorizzava l’utilizzo per mezzo del quale traducevasi:
«La mia dirimpettaia fa sesso spinto e i rumori di ogni genere e dimensione non mi fanno dormire la notte. Ora sono in terapia psichiatrica, povera me».
Facendosi uno spiraglio di luce nella conversazione la Manescu proseguiva a briglia sciolta:
“E' Un incubo che dura da tre anni. Sono disperata, ho dovuto modificare le mie abitudini di vita, temendo di essere coinvolta nelle sue porcherie, come dite voi italiani sporcaccioni”.
“Este un dolor que se întâmplă de trei ani. Sunt disperat, a devut changer ma vita , temându-mă să mă implic în murdăria lui porvcate come dite vuie Italiani sporcaccioni”.
Incuriositosi il maresciallo Battaglia decideva quindi di bussare imperiosamente alla porta di fronte, lato sinistro del pianerottolo, al campanello di tale Rita Belvedere oggetto di tali insinuazioni.
Apertasi la porta raccoglieva la testimonianza della Belvedere, in arte Genevieve, di anni 44, originaria di Lamezia Terme, divorziata e procace, di professione pedicure a domicilio la quale a sua volta intendeva denunciare la Manescu per le stesse ragioni erotiche, ovvero secondo la Belvedere la vicina intratteneva vieppiù rapporti sessuali violenti con estranei di vario genere e nazionalità, con finestre che sbattono, porte che cigolano, pugni contro il muro, risate e radiosveglie che partono a ogni ora del giorno e della notte, dice ella.
A questo punto la situazione risultava alquanto confusa e completamente opposta alla versione dell’altra donna.
Il maresciallo Battaglia anche se esperto di liti condominiali, non sapeva più a quale delle due credere e nemmeno il ben noto acume del Badalà era in grado comprendere da quale parte pendesse la ragione e da quale il torto propendendo per un pareggio di responsabilità o al massimo una connivenza.
Essi trovavansi quindi fra i famosi due fuochi tanto più che le due contendenti venute a confronto diretto stavano alzando di molto il livello dell’alterco e cominciavano a usare le mani in maniera impropria sul pianerottolo comune. Non sapendo più a chi dare retta e non volendo addentrarsi in questioni femminili ad alto rischio e per garantire l’incolumità degli innocenti condomini che affacciavansi al vano scale, il maresciallo Battaglia decideva di trarre in arresto sia la Manescu che la Belvedere per molestie e stalking reciproco e verso terzi condomini e le traducevano senza manette, ma con la forza persuasiva nell’auto di servizio.
Quivi inserite sul sedile posteriore ai due lati dell’ausiliario Badalà le due contendenti reiteravano il tentativo di prendersi a ceffoni l’una verso l’altra al punto che l’ausiliario stesso, richiesta autorizzazione semplice al capopattuglia, provvedeva ad ammanettarle al maniglione sopra il finestrino per non essere a sua volta malmenato.
Giunti al comando il maresciallo scioglieva le due vicine di casa e le traduceva in due celle di rigore separate a regime di pane e acqua. La Manescu attraverso le sbarre apostrofava il maresciallo Battaglia “Tu, militare, essere peggio di Ponzio Pilato!”
Il maresciallo chiedevasi chi fosse questo Ponzio a lui ignoto ma pur sospettando che trattassesi di offesa soprassedeva e utilizzando tutto il suo proverbiale buon senso non denunciava la Manescu per oltraggio a pubblico ufficiale.
Raccolte le reciproche denunce gli atti del caso venivano quindi inoltrati al giudice di pace affinché si guadagni la pagnotta anche esso o essa che sia.
Il resto del carlino – luglio 2016