Addì 16 ottobre dell’anno corrente si verbalizza l’intervento effettuato a seguito di una chiamata anonima presso la tabaccheria Caponcini posta in località Navicello.
L’agente di servizio al centralino contattava prontamente la pattuglia di ronda che risultava così composta: autista alla guida della vettura agente semplice Gerardo Tasselli, sedente anteriore destro maresciallo Battaglia al cui didietro era stabilmente posizionato l’ausiliario Rino Badalà.
I fatti:
La pattuglia volante sopra specificata stava stazionando di fronte al negozio di modista di tale Iovanka Branescu detta “la rossa” di anni 45, divorziata e incensurata, in località San Donnino. Ricevuta la segnalazione l’autovolante abbandonava la postazione di sorveglianza della modista e si recava a folle velocità verso la località del richiamante aiuto che trovasi al lato opposto della pacifica città di Modena. Il tragitto fu percorso nel tempo di 11 minuti, semafori rossi compresi, stabilendo un record definito invidiabile per le forze dell’ordine locali.
Il dichiarante fa presente che alcune autovetture transitanti in senso opposto di marcia del percorso sono state danneggiate in più punti e potranno rivolgersi alla locale agenzia SAI Unipol per richiesta di danni e non.
Giunto sul luogo del crimine il maresciallo Battaglia provvedeva alla ricostruzione dei fatti:
Alle ore nove del mattino circa Cesare Caponcini di anni settantadue, coniugato proprietario della tabaccheria omonima, trovavasi da solo nel suo locale composto da un ingresso nella parte anteriore, sulla destra un lungo bancone con sigarette e altri articoli da spaccio, alla metà stazionava immobile il registratore di cassa, in fondo, di fronte all’ingresso eravi un bancone più piccolo, definito trespolo, con un’altra apparecchiatura che sembravasi erroneamente come una cassa atta invece a compilare schedine del Superenalotto. Il settantenne trovavasi dietro a quest’ultima, ovvero dietro al bancone piccolo.
E qui viene riportata la sua testimonianza
«A un certo punto sono entrati quei due tunisini o marocchini, insomma quei neri tanto sono tutti uguali di circa ventotto anni e si sono precipitati verso di me. Avevano non due coltellini, ma due coltellacci, con delle lame lunghe come una mano e anche di più. Me li hanno strofinati sul petto spingendomi con le lame e mi hanno urlato “Caccia li sordi, brutto rincojonito, li sordi, vojamo li sordi!” in un dialetto secondo me tendente all’ arabo o al laziale. D’istinto mi sono appoggiato indietro. Uno dei due allora ha spinto il trespolo verso di me, come per chiudermi all’angolo e raggiungermi meglio col coltello. Mentre l’altro mi teneva sotto tiro, quello che si era sporto ha allungato un braccio rufolando a casaccio nella cassettiera del trespolo, ma i primi tre cassetti li tengo chiusi, lui prova e non riesce ad aprirli. Poi arriva all’ultimo cassetto, ci ha infilato la mano, e io furbo con un ginocchio ho spinto il cassetto che si è chiuso di scatto e gli ha schiacciato la mano. Lui si è messo a urlare “Li Mortacci tua. Cazzo che male, boia che dolore !” e allora io gli ho menato alcuni cazzotti. Con l’altra mano nel frattempo ho afferrato una bomboletta al peperoncino che tenevo da quelle parti ma mi è caduta. Quello picchiato intanto urlava all’altro “daje ‘na cortellata ! menalo! ”. Allora io grido: “calma ragazzi, non vi agitate, vi do i soldi, non sono qui, ma là, in quella cassa dell’altro banco”. Così sono andato all’altra cassa e i banditi si sono un po’ calmati mentre uno si teneva la mano sanguinolenta. Ho fatto finta di aprire il registratore dove sapevo di avere un’altra bomboletta spray al peperoncino più grossa, come un sifone, l’ho afferrata e ho iniziato a spruzzare lo spray in faccia ai due che si sono coperti il volto urlando frasi irripetibili e si sono voltati saltellando, a quel punto ho preso la mazza da baseball che tengo dietro il bancone e l’ho abbattuta contro la schiena di un malvivente che si è piegato a libro, l’altro nella foga è scivolato sul pavimento e ha battuto una craniata nello spigolo di ferro della porta tirando una cosa che secondo me era una bestemmia araba o laziale. A questo punto i due sono fuggiti a gambe levate e mi sono calmato e ho rimesso a posto il trespolo e la mazza da baseball perché non si sa mai.
Avevo premuto anche il campanello del sistema d’allarme collegato con la polizia ma qualcosa non è andato, forse si è inceppato, meglio così, ma se ci fosse stata mia moglie sarebbe andata molto peggio per loro, lei è tremenda !».
Il maresciallo Battaglia chiedeva allora al Caponcini se intendesse sporgere denuncia verso i due malviventi ignoti fino a un certo punto, ma il tabaccaio asseriva di non aver fatto nessuna chiamata al pronto intervento perché tanto se l’era cavata da solo e non voleva problemi con la giustizia che non si sa mai, e neppure con la moglie che si arrabbia di nulla, infatti si stava domandando perché la pattuglia fosse lì a disturbare.
A questo punto, raccolta la testimonianza, il maresciallo Battaglia concludeva con perspicacia che la chiamata non era pervenuta dal Caponcini stesso bensì dai due ladri alias vittime della controaggressione mentre tentavano essi medesimi un aggressione al tabaccaio, come una specie di rinculo, e proponeva l’archiviazione della pratica come se nulla fosse in quanto nella fattispecie non era agevole individuare il colpevole.
Scritto, letto e riletto e firmato dal sottoscritto e dal maresciallo Battaglia Agente scelto Settimio Paccosi fu Gerolamo